Spesso si sentono voci di critica sull’operato delle Parrocchie e qualcuno tende anche a contrapporre la Chiesa vecchia e stantia delle Comunità raccolte attorno ad un Parroco con quella vivace, giovanile ed evangelizzatrice dei movimenti, dei gruppi e delle associazioni.
Devo dire che a me piace la Parrocchia perché è la traduzione attuale del “pose la tenda in mezzo a noi” di evangelica memoria. La Parrocchia è il segno della presenza di Dio in mezzo alle case, ai negozi, alle fabbriche. Penso alla benedizione annuale delle famiglie, strumento insostituibile dell’incontro con tutti coloro che abitano e lavorano in quella porzione di territorio (forse con troppa leggerezza qualche Parroco la trascura, sostituendola con una benedizione di “quartiere” o addirittura con la distribuzione di un “Kit fai da te”): è veramente una Chiesa di “prossimità”, una Chiesa che si fa vicina, che va a cercare e non si limita ad aspettare dentro un edificio. Ci lamentiamo perché le persone adulte non partecipano alla catechesi, ma noi preti siamo capaci di sfruttare i momenti di catechesi spicciola che la nostra presenza sul territorio ci mette a disposizione?
La Parrocchia è bella perché è frequentata da tutti e non solo dai “migliori”. Mi piace tantissimo la Messa parrocchiale, perché sono presenti i neonati e i novantenni, quelli che cantano e quelli che non cantano, quelli che ascoltano la predica e quelli che dormono… E’ l’umanità con tutte le sue componenti, esatto specchio di quello che sono io, un’umanità forse povera e liturgicamente poco preparata, eppure bisognosa di raccogliersi in quella chiesa, di ascoltare Parole di vita, di incontrare il Signore che salva. Senza la presunzione di essere i più bravi, i più preparati, gli unici in grado di salvare la Chiesa. Stare in Parrocchia è gustare la normalità, con tutte le sue sfumature di bene. E’ la possibilità di accostare i malati e gli anziani nelle loro case, di dire una parola ai loro famigliari o alle badanti (anche loro hanno bisogno di essere tirate su di morale, ogni tanto), di vedere la vita nel suo svolgersi quieto, senza clamore, è la possibilità di essere “di casa”. E non sto parlando solo del prete, parroco o vicario o collaboratore che sia. Sto parlando dei Battezzati, di tutti coloro che vivono la loro quotidianità accanto agli altri, delle mamme che incontrano le altre mamme portando a scuola i figli, dei negozianti che ogni giorno vedono i clienti… Si parla tanto di “nuova evangelizzazione” e c’è pure un Pontificio Consiglio, in Vaticano, che dovrebbe pensarla, proporla, caldeggiarla… E se partissimo, molto banalmente, dal trovarsi fuori da scuola, al parco, in un negozio, alla fine del Grest? I concerti organizzati per l’Anno della fede li snobba persino il Papa, che continua però a girare in mezzo alla gente normale, ad accarezzare i bambini e a dire qualche parola buona ai malati e ai loro parenti.
La Parrocchia dà proprio il senso della normalità della vita, oggi anche con la crisi che attanaglia tante famiglie. Ed è vicina a tutti non solo perché raccoglie, per tutti coloro che ne hanno bisogno, generi alimentari e paga bollette e affitti arretrati, ma perché essa stessa comincia a far fatica a pagare il riscaldamento della chiesa e dell’oratorio e scopre una dignitosa povertà, che permette di evitare i lussi e le spese inutili, esattamente come tante famiglie che devono fare i salti mortali per far quadrare i bilanci a fine mese.
Dunque “Parrocchia è bello”, pur senza pensare ad una realtà senza problemi e senza difetti. Oggi, però, godiamoci le cose positive. Per quelle negative ci sarà tempo.
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