Il Papa non si stanca mai di ricordarci che la Chiesa è missionaria, che deve andare nelle “periferie”; il nostro Vescovo ci propone un piano pastorale molto bello, incentrato sulla missione; la giornata missionaria mondiale ci provoca a riflettere su questo tema. Quante volte ho sentito, in tante riunioni, discutere sulla “missione” e quante volte ne ho parlato, soprattutto nella prospettiva di una strategia efficace di evangelizzazione nelle nostre Parrocchie. Forse sarò un po’ semplicista, ma a me sembra che un parroco abbia a disposizione uno strumento antico e fenomenale per fare una prima evangelizzazione: la benedizione annuale delle famiglie. Che, detta così, è riduttiva. Infatti da 25 anni a questa parte non benedico solo le famiglie, ma anche le persone che vivono sole. E poi tanti luoghi, frequentati dalle persone più svariate: fabbriche, negozi, uffici, bar e ristoranti (e in qualche caso, su richiesta degli impiegati, anche uffici pubblici).
Posso davvero dire che ogni anno, per cinque settimane e anche più, mi sento autenticamente missionario: incontro persone di religioni diverse, agnostici e atei. E pochissimi non accettano almeno un breve colloquio cordiale e spesso profondo. Mi vien da pensare che, in fondo, la stessa presenza di un prete, accompagnato dai chierichetti e dalle ministranti, che suona alla porta è già missione, è già possibilità di incontro con la Chiesa ministeriale, fatta di preti e di laici, di adulti e di bambini, di maschi...
Su “il Settimanale” della Diocesi del 5 ottobre l’intera pagina 8 era dedicata ai laici, con notevoli spunti di riflessione e con il suggerimento di leggere il libro di Fulvio De Giorgi “Il brutto anatroccolo. Il laicato cattolico italiano”. Ahimè, i laici! Sembra che il loro ruolo e la loro stessa esistenza sia una novità, molto problematica, venuta alla luce solo “grazie” alla mancanza di preti. Già, perché in una Chiesa clericale la mancanza di preti è un dramma: si blocca tutto, non solo i Sacramenti, persino le fotocopie!
Qualche Vescovo, preso dal panico, ha iniziato ad importare preti da tutta Italia e da tutto il mondo, pur di averne uno in ogni Comunità. La stessa tecnica viene usata per mantenere in vita alcuni Seminari, che sembrano sempre di più una succursale della Legione Straniera e, proprio come nella suddetta Legione, non si guarda troppo per il sottile: vengono presi tutti, anche chi ha già alle spalle esperienze in diversi Seminari, da cui è stato “dimesso”. Sia ben chiaro che non mi fanno problema i preti “stranieri” (nella Chiesa cattolica nessuno è straniero!), ma la mentalità profondamente clericale che sta sotto questo tipo di soluzione di un oggettivo problema: invece di vedere la scarsità di clero come un’opportunità volta a valorizzare finalmente la grande ricchezza del laicato ci si ripiega ancora su sé stessi, diffidando di un elemento che, forse, si coglie non sempre prono davanti ai voleri superiori. E qui...
Ogni tanto mi piace andare a riguardare le parole conclusive della “Gaudium et spes”: “La Chiesa, in forza della missione che ha di illuminare tutto il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini di qualunque nazione, stirpe e civiltà, diventa segno di quella fraternità che permette e rafforza un sincero dialogo. Questo richiede che innanzitutto nella stessa Chiesa promuoviamo la mutua stima, rispetto e concordia, riconoscendo ogni legittima diversità, per stabilire un dialogo sempre più profondo fra tutti coloro che formano l’unico Popolo di Dio, cioè tra i Pastori e gli altri fedeli cristiani. Sono più forti infatti le cose che uniscono i fedeli che quelle che li dividono; ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie e in tutto carità… Rivolgiamo anche il nostro pensiero a tutti coloro che credono in Dio e che conservano nelle loro tradizioni preziosi elementi religiosi ed umani, augurandoci che un dialogo fiducioso possa condurre tutti noi ad accettare con fedeltà gli impulsi dello Spirito e a portarli a compimento con alacrità. Per quanto ci riguarda, il desiderio di stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore alla Verità e condotto con la opportuna prudenza, non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di alti valori umani, benché non ne riconoscano ancora la Sorgente, né coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere”.
Quanto profumo di Vangelo in queste...
Papa Francesco sta impostando la catechesi del mercoledì sul tema della Chiesa, offrendo spunti molto belli, in linea con la dottrina sulla Chiesa proposta dal Concilio Vaticano II. Innanzitutto una Chiesa che è madre accogliente. E coloro che sono da accogliere con più amore sono proprio i derelitti, i poveri, quelli che hanno il cuore ferito. Nella sua lunga intervista di qualche giorno fa, il Papa invitava i confessori ad evitare il rigorismo ed il lassismo, entrambi nemici della misericordia autentica: “il confessionale non può diventare una sala di tortura”, ma nemmeno può essere il sostituto dello studio di uno psicologo, dove si racconta la propria vita per ascoltare qualche consiglio di semplice buonsenso o impostare una terapia che abbia come unico scopo quello di liberarci dalle ansie. Il volto materno della Chiesa si manifesta quando la persona, accolta e compresa nella sua complessità e nel suo mistero, viene aiutata a rispondere in modo sempre più bello alla chiamata alla santità. E tutta la Chiesa è chiamata a rendere palese questo volto: ogni battezzato ha il dovere (e speriamo anche il piacere) di evangelizzare, di annunciare la “buona notizia” di un Dio che consola e guarisce, che provoca e manda. Di un Dio che ama, non in modo sdolcinato e ruffiano, da svendita “new age”, bensì in modo esigente, capace di esaltare le potenzialità dell’amato per portarlo a dare il meglio di sé. In una catechesi il Papa diceva, dopo aver paragonato la...