Papa Francesco sta impostando la catechesi del mercoledì sul tema della Chiesa, offrendo spunti molto belli, in linea con la dottrina sulla Chiesa proposta dal Concilio Vaticano II. Innanzitutto una Chiesa che è madre accogliente. E coloro che sono da accogliere con più amore sono proprio i derelitti, i poveri, quelli che hanno il cuore ferito. Nella sua lunga intervista di qualche giorno fa, il Papa invitava i confessori ad evitare il rigorismo ed il lassismo, entrambi nemici della misericordia autentica: “il confessionale non può diventare una sala di tortura”, ma nemmeno può essere il sostituto dello studio di uno psicologo, dove si racconta la propria vita per ascoltare qualche consiglio di semplice buonsenso o impostare una terapia che abbia come unico scopo quello di liberarci dalle ansie. Il volto materno della Chiesa si manifesta quando la persona, accolta e compresa nella sua complessità e nel suo mistero, viene aiutata a rispondere in modo sempre più bello alla chiamata alla santità. E tutta la Chiesa è chiamata a rendere palese questo volto: ogni battezzato ha il dovere (e speriamo anche il piacere) di evangelizzare, di annunciare la “buona notizia” di un Dio che consola e guarisce, che provoca e manda. Di un Dio che ama, non in modo sdolcinato e ruffiano, da svendita “new age”, bensì in modo esigente, capace di esaltare le potenzialità dell’amato per portarlo a dare il meglio di sé. In una catechesi il Papa diceva, dopo aver paragonato la Chiesa ad una mamma: “Io mi domando: che cosa fa una mamma? Prima di tutto insegna a camminare nella vita, insegna ad andare bene nella vita, sa come orientare i figli, cerca sempre di indicare la strada giusta nella vita per crescere e diventare adulti. E lo fa con tenerezza, con affetto, con amore, sempre, anche quando cerca di raddrizzare il nostro cammino perché sbandiamo un poco o prendiamo strade che portano verso un burrone…”. Tenerezza, affetto, amore: sono tre sentimenti che devono diventare atteggiamenti concreti, anche fisici. Annunciare una buona notizia con il volto triste fa sorgere qualche legittimo dubbio sulla reale bellezza di quella notizia! Trinciare giudizi spietati su tutti e su tutto non offre una gran dimostrazione di affettuosa accoglienza! Certo, tutto questo non può portare a scendere a compromessi sui principi. Tuttavia il Papa nella succitata intervista dice “non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione… Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza. L’annuncio missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, che fa ardere il cuore… Cerchiamo di essere una Chiesa che cerca nuove strade, che è capace di uscire da sé stessa e andare verso chi non la frequenta, chi se n’è andato o è indifferente. Chi se n’è andato a volte l’ha fatto per ragioni che, se ben comprese e valutate, possono portare ad un ritorno. Ma ci vuole audacia, coraggio”. Chissà, forse tra le ragioni di tanti abbandoni, ci sono anche i nostri atteggiamenti, le nostre chiusure, la nostra incapacità di scaldare i cuori. Audacia e coraggio: ne abbiamo bisogno tutti, per non accontentarci del nostro piccolo orto, per non costruirci solo nicchie tiepide dove stare al calduccio con pochi intimi. Il Signore ci chiama a percorrere le strade della nostra città accorgendosi anche delle periferie “interiori”, delle povertà dell’anima, delle desolazioni spirituali che hanno bisogno di incontrare una Chiesa mamma gioiosa, che possa ridonare slancio perché porta a Gesù.
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