Ogni tanto mi piace andare a riguardare le parole conclusive della “Gaudium et spes”: “La Chiesa, in forza della missione che ha di illuminare tutto il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini di qualunque nazione, stirpe e civiltà, diventa segno di quella fraternità che permette e rafforza un sincero dialogo. Questo richiede che innanzitutto nella stessa Chiesa promuoviamo la mutua stima, rispetto e concordia, riconoscendo ogni legittima diversità, per stabilire un dialogo sempre più profondo fra tutti coloro che formano l’unico Popolo di Dio, cioè tra i Pastori e gli altri fedeli cristiani. Sono più forti infatti le cose che uniscono i fedeli che quelle che li dividono; ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie e in tutto carità… Rivolgiamo anche il nostro pensiero a tutti coloro che credono in Dio e che conservano nelle loro tradizioni preziosi elementi religiosi ed umani, augurandoci che un dialogo fiducioso possa condurre tutti noi ad accettare con fedeltà gli impulsi dello Spirito e a portarli a compimento con alacrità. Per quanto ci riguarda, il desiderio di stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore alla Verità e condotto con la opportuna prudenza, non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di alti valori umani, benché non ne riconoscano ancora la Sorgente, né coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere”.
Quanto profumo di Vangelo in queste parole! Che bello pensare una Chiesa così, non timorosa di proporre il Signore Gesù e, nello stesso tempo, così rispettosa delle idee e del patrimonio religioso e culturale altrui. Una Chiesa capace di tendere la mano anche ai suoi persecutori, che non sente il bisogno di fornire prove muscolari e che sceglie la via della debolezza e della croce, dove si manifesta fa forza e la sapienza di Dio. Dialogare con tutti, ma prima di tutto con i propri fratelli cattolici, rispettando le differenti opinioni quando non ci sono in gioco le verità di fede. La diversità è ricchezza, anche se molti sembrano preferire l’appiattimento e il pensiero unico (che, guarda caso, corrisponde sempre al loro). Anche questa è storia della Chiesa: quante volte si è preferito lo scontro anziché la revisione delle proprie posizioni e il dialogo. Da che cosa sono scaturiti i grandi scismi e le grandi divisioni, se non da forzature di posizioni spesso opinabili e, comunque, non così essenziali per la fede? Quando poi a queste si sono uniti la difesa di privilegi consolidati (e spesso antievangelici!) e l’orgoglio che impediva di ammettere i propri errori e di chiedere perdono, allora abbiamo assistito (e assistiamo) a lacerazioni dolorose, che dividono i fratelli, in barba alle parole del Concilio e ai principi del Vangelo. Da quando, poi, anche nella Chiesa vengono applicate le sciagurate categorie di “destra” e “sinistra” apriti cielo! Appena si dice qualcosa si rischia di essere subito classificati come uno che va avanti o come uno che va indietro, come un progressista o un conservatore, come un sostenitore dell’ermeneutica della continuità o della discontinuità… Credo proprio che ci sia bisogno di uno sforzo da parte di tutti, Pastori e Fedeli, per un dialogo sano e onesto, dove le opinioni diverse non siano viste come pericolose eresie e, soprattutto nelle realizzazioni concrete delle indicazioni pastorali, ci sia una pluralità di scelte il cui rispetto è spesso un grande segno di saggezza. Ecco perché è importante che in una Comunità, sia essa parrocchiale o diocesana, ci si confronti con tutti e non solo con chi è omologato al pensiero del Parroco o del Vescovo. I danni prodotti dall’eccessiva presenza di “yes-man”, sempre pronti a dare ragione al “potente” di turno e a condividere in tutto la sua strategia, hanno portato alla rovina di intere nazioni. Facciamo in modo che non succeda anche alla Chiesa.
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