E’ impressionante leggere la classifica della libertà di stampa nel mondo stilata annualmente da “Reporter senza frontiere”. L’Italia non ci fa propriamente una bella figura: nel 2012 ci siamo infatti piazzati al 57° posto su 179 Paesi presi in esame. Valutando le leggi dei diversi Stati, la presenza di eventuali monopoli, l’influenza dei vari governi e della politica in generale, ci troviamo dietro al Botswana (40° posto), al Burkina Faso (46° posto), Haiti (49°). Certo abbiamo la consolazione di essere davanti alla Mauritania (67°), alla Mongolia (98°), all’Albania (102°), all’Afghanistan (128°), alla Cina (che, con il suo 173° posto, si fa finalmente battere in qualcosa!) e alla Corea del Nord (178°). Ecco perché quando si vuole una panoramica completa di alcuni avvenimenti bisogna acquistare almeno sette quotidiani. E’ quello che faccio, per esempio, in occasione delle varie elezioni, per avere una vaga idea di come la pensino i diversi schieramenti. Ma spesso più che le notizie riportate valgono quelle sottaciute, passate sotto silenzio, come se non esistessero. Al punto che viene il dubbio che esistano davvero. Qualche volta si ha l’impressione che i tempi del Minculpop e delle sue mitiche “veline” non siano mai tramontati, anzi! E in questo settore anche la nostra stampa cosiddetta “cattolica” non sta indietro. D’altronde ogni giornalista (anche i “nostri”) ha un padrone. Ricordo che qualche anno fa, in occasione di una conferenza sull’etica nella stampa, un noto giornalista (“cattolico”) del “Sole 24ore” ha candidamente confessato di sentirsi libero, ma di non poter scrivere nulla contro Confindustria, perché era il suo datore di lavoro. Viva la Libertà! Ben vengano allora le diverse testate, che, se lette insieme, possono darci un’idea un po’ più completa di un fatto.
Proprio in questi giorni abbiamo un esempio piccolo, ma significativo, del perché siamo cinquantasettesimi nella classifica di cui sopra e del perché il merito di questa non entusiasmante posizione è anche della stampa “cattolica”. Tutti avrete visto sui quotidiani locali la notizia del Vangelo letto in dialetto comasco durante la S. Messa nella Basilica di S. Fedele. Che strano, mi sono detto, non mi sembra una grande idea, tanto più che ci sono anche delle proibizioni liturgiche. Ovviamente la stampa cattolica (Leggasi “Il Settimanale”, cioè l’organo di informazione della Diocesi) non riportava nulla. Salvo poi, nell’ultimo numero, trovare una risposta del direttore ad una lettera di una signora scandalizzata per la profanazione liturgica. Indovinate un po’ di chi è la colpa di tutto, secondo il direttore de “Il Settimanale”? Ovviamente della stampa! “Da ultimo un’annotazione sul modo, troppo spesso approssimativo e sensazionalistico, con il quale le notizie circolano sui mezzi di informazione. Troppo spesso assistiamo a una ricerca trafelata, e a volte anche un po’ morbosa, della notizia che fa scalpore, col rischio di non rendere una versione veritiera dei fatti (fatta sempre salva la buona fede del cronista) e favorire così nel cittadino una rappresentazione inesatta della realtà”. Per esempio come quella che si fanno coloro che leggono esclusivamente “Il Settimanale” e stanno ancora aspettando di sapere che don Mangiacasale è stato condannato anche in secondo grado, perché la notizia non è stata mai riportata dal suddetto “organo di informazione”. D’altronde da chi ha definito i giornalisti “coprofagi” (cioè mangiatori di m.) perché non sono stati in silenzio e hanno dato conto di nefandezze che qualcuno avrebbe preferito rimanessero nascoste per lasciar posto alle interviste “beatificatorie” degli avvocati, è ovvio aspettarsi una sguardo almeno strabico, volto a guardare le pagliuzze altrui piuttosto che le travi proprie. Spesso il silenzio è la cosa peggiore, sa di viltà o di indifferenza. E comunque lascia sempre nell’ignoranza e nell’incertezza chi vorrebbe a buon diritto sapere ed essere illuminato. Nelle tenebre e nel torbido c’è sempre un po’ di Demonio.
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