E’ inutile negarlo: abbiamo bisogno di un leader. Anzi, di più, abbiamo bisogno di miti, di figure che possano incarnare la nostra speranza in un futuro migliore, il nostro desiderio di bellezza, che possano infiammare il nostro cuore per farlo ancora sognare, nonostante le tante disillusioni. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci faccia comprendere e toccare con mano che realizzare l’ideale è ancora possibile, che nella vita non ci sono solo opportunismi e opportunisti, che l’onestà, la lealtà, la coerenza tra cose dette e fatte sono ancora valori. Perché la tentazione è, invece, quella di credere che siano reperti archeologici da rinchiudere in qualche museo.
Abbiamo bisogno di fiducia. Fiducia nell’uomo e nelle sue possibilità e capacità. E, da credenti, anche di fiducia in Dio, che troppo spesso rischiamo di lasciare ai margini dei nostri interessi e dei nostri pensieri, programmando tutto come se Lui non ci fosse.
Questo leader, questo mito, l’abbiamo trovato in papa Francesco. Certo, quello che cogliamo noi è poco e può anche essere soggetto a molteplici interpretazioni. L’esperienza e la saggezza insegnano che la persona resta un mistero persino a sé stessa, figurarsi agli altri. A noi che lo vediamo in televisione, che seguiamo i suoi interventi, che ci nutriamo con il suo magistero senza troppe dietrologie e fermandosi a quello che si vede e si legge, papa Francesco offre senza dubbio un esempio. Ci troviamo di fronte ad un uomo schietto e senza fronzoli, per il quale l’essenzialità non è un valore di cui parlare, ma prima di tutto una realtà da vivere. Un uomo che si mostra coerente, che sembra anche in grado di dare un’impronta autenticamente riformatrice ad una Chiesa che appariva un po’ in affanno, un uomo che vuole una Chiesa sempre meno “dogana” e sempre più “ospedale da campo”. Un uomo, il papa, che ci parla della tenerezza di Dio che si china sui deboli e sui poveri, che ascolta il grido dei miseri, che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili… Diciamo la verità: papa Francesco ci ha ridato un po’ di fiducia e di entusiasmo. Certo, ognuno di noi sa bene che il papa è il papa e Gesù Cristo è Gesù Cristo e a nessuno viene in mente di scambiare le due realtà: non siamo dediti alla “papalatria”. Ma è innegabile che Gesù Cristo ha bisogno di persone che mostrino di vivere autenticamente il Vangelo. E allora è bello tornare un po’ ingenui come i bambini e pensare che il papa non è solo un fenomeno mediatico per attirare le folle. Mi piace pensare che tutte queste folle cercano il papa perché hanno bisogno di ascoltare una Parola che da duemila anni ammaestra e indica la via e forse non la trovano da tante altre parti e in tante altre persone.
Il rischio che qualcuno veda una certa dualità nella Chiesa c’è: da una parte il papa, che è buono e coerente, e dall’altra tutto l’apparato ecclesiastico (che parte dai cardinali, passa attraverso i vescovi e arriva fino ai parroci, per estendersi fino a qualche laico), che è malvagio, incapace e vuole solo mettere i bastoni tra le ruote. Ma, in questo caso, il problema non è certo del papa: semmai è di chi la pensa così e, eventualmente e come semplice ipotesi accademica senza riscontri effettivi, dell’apparato ecclesiastico.
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