Qualche mese fa mi sono permesso di scrivere alcune considerazioni riguardo al laicato, considerazioni che derivavano dalla lettura di testi del Concilio Vaticano II e di libri in circolazione, ovviamente con la limitata comprensione che un povero prete non teologo può avere di tutto ciò che legge, anche di Topolino.
Sono sollecitato a tornare sul tema dalle parole di papa Francesco contenute nella “Evangelii gaudium”. In questi ultimi tempi sono stati citati abbondantemente i numeri 98, 99, 100 e 101 dell’Esortazione apostolica. Se si va avanti a leggere si rischia persino di arrivare al numero 102 e di farci sopra qualche riflessione. Dice il Papa: “I laici sono semplicemente l’immensa maggioranza del popolo di Dio. Al loro servizio c’è una minoranza: i ministri ordinati. E’ cresciuta la coscienza dell’identità e della missione del laico nella Chiesa. Disponiamo di un numeroso laicato, benchè non sufficiente, con un radicato senso comunitario ed una grande fedeltà all’impegno della carità, della catechesi, della celebrazione della fede. Ma la presa di coscienza di questa responsabilità laicale che nasce dal Battesimo e dalla Confermazione non si manifesta allo stesso modo da tutte le parti. In alcuni casi perché non si sono formati per assumere responsabilità importanti, in altri casi per non avere trovato spazio nelle loro Chiese particolari per potersi esprimere ed agire, a causa di un eccessivo clericalismo che li mantiene ai margini delle decisioni”. Formazione e coinvolgimento sono dunque due diritti fondamentali dei laici. Nei miei cinque lustri di presbiterato ho sempre cercato di formare e di coinvolgere i laici, con la certezza che il parroco (o il vicario) è davvero un servitore “a tempo” (pro tempore) e deve impiegarlo, questo tempo, per far crescere nei laici la consapevolezza di essere parte effettiva della Chiesa e non solo un gregge da indirizzare, sempre disposto solo all’obbedienza passiva, al silenzio e alla sopportazione. Che cosa sarebbero le nostre Comunità senza i laici? Poco più che pulcini bagnati, che emettono qualche pigolio grazie all’eroismo di qualche prete e di qualche suora. Ogni tanto mi chiedo come possano esistere Parrocchie senza il Consiglio pastorale, senza, quindi, che ai laici sia consentito almeno dire la propria opinione.
Si ha l’impressione, a volte, che il clero veda i laici come una specie di sindacalisti, sempre pronti a contestare (ma ormai non lo fanno più neanche i Sindacati!). E allora se ne ha quasi paura e ci si chiude in una difesa di casta oppure si coinvolgono solo i più malleabili, quelli che la pensano come il parroco, come il vescovo, come il Papa. Credo che le scelte concrete dipendano essenzialmente dall’idea di “Chiesa cattolica” che si ha. Se facessimo il giochetto di associare alla parola “Chiesa” la prima parola che ci viene in mente credo che la maggioranza dei cattolici finirebbe per associare la parola “vescovi”, spesso unita alla parola “preti”. Perché questo è ancora (e non solo tra i cattolici) il concetto che si ha della Chiesa: fondamentalmente una società di governati e di governanti, di gregge e di pastori (non intesi evangelicamente), di sudditi e di regnanti. E qui verrebbero spontanee alcune domande: quanta colpa abbiamo nel diffondersi e nel permanere di questa idea? Quale esempio diamo noi, membri della gerarchia ecclesiastica, di una concezione diversa? Quanto abbiamo lavorato e lavoriamo perché, oltre all’idea teorica, cambi anche la pratica ecclesiale?
Se è lecito sognare, allora sogno una Chiesa dove i cerimonieri pontifici e vescovili, i nunzii apostolici e persino i vertici degli organismi diocesani e vaticani siano laici, uomini e donne (il Papa dice, sempre nella Evangelii gaudium al numero 103: ”c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Perché il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale; per tale motivo si deve garantire la presenza delle donne anche nell’ambito lavorativo e nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella Chiesa come nelle strutture sociali”.). Cioè sogno una Chiesa nella quale ci siano i laici laddove non è necessario essere preti o vescovi per svolgere quella determinata funzione! In quale Vangelo è scritto che il parroco debba essere anche il responsabile economico della Parrocchia? E, ancora di più, che il parroco debba essere per forza un prete? Qui infatti non siamo nell’ambito della successione apostolica, come per i Vescovi. Tutti argomenti, questi, che richiederebbero una discussione seria ed approfondita. Chissà se prima o poi si comincerà a farla?
Concludo con altre parole del Papa. “Il popolo che Dio si è scelto e convocato è la Chiesa. Gesù non dice agli apostoli di formare un gruppo esclusivo, un gruppo di élite… Essere Chiesa significa essere Popolo di Dio, in accordo con il grande progetto d’amore del Padre”(E.G. 113-114). A chi ha in mente le élites, i “pochi ma buoni”, a chi pensa che la Chiesa si identifica con la gerarchia ecclesiastica e i gruppetti ad essa collegati mi verrebbe da dire che è tempo di convertirsi e di considerare finalmente la dignità sacerdotale, profetica e regale di tutti i battezzati, anche di quelli che non frequentano più i nostri ambienti.
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