Recentemente ho letto un libro interessante, un libro che aiuta a pensare, anche se non se ne condivide le idee. Ed è comunque una grazia di Dio trovare qualcuno o qualcosa che aiuti a pensare. Il libro è “Questo papa piace troppo” e gli autori sono Alessandro Gnocchi, Mario Palmaro (recentemente scomparso) e Giuliano Ferrara. I primi due sono stati “licenziati” qualche mese fa da Radio Maria proprio per aver osato proferire parole di critica al Pontefice dai microfoni dell’emittente ultracattolica. Il pagare di persona per le proprie opinioni è già, ai miei occhi, una nota di merito.
Comunque, nel libro, le osservazioni sono tutte molto circostanziate, anche se, sostanzialmente, ruotano attorno ad un concetto basilare: Papa Francesco sta distruggendo la sacralità della figura papale e sta scendendo a troppi compromessi con il mondo tanto che “paramento dopo paramento, concetto dopo concetto, preghiera dopo preghiera, prima per sola mano del mondo e poi con complicità cattolica, la persona del papa sarebbe stata spogliata di tutto, fino a lasciarle la sola logora veste da cappellano di ospedale da campo. Ma, così denudato, il vicario di Cristo, che anche a volerlo non può essere un altro san Francesco, diventa flebile persino nella voce. Per quanto meritori siano, i richiami che lancia contro lo spirito del mondo sono destinati a rimanere inoperanti: il discorso cristiano, privato degli ornamenti che gli sono propri, anche quando si fa invettiva, finisce per farsi rivestire di significati e di simboli orditi dal mondo stesso e, quindi, ad essere muto.” (pag.131)
Il Papa, dunque, è troppo “mondano” e questo nuoce immensamente, secondo gli autori, al Papa stesso, alla Chiesa cattolica e persino a Cristo. E’ stupefacente constatare che anche i cattolici conservatori sono arrivati alla conclusione che il Papa è criticabile, come ogni altro essere umano, se non sta parlando in materia di fede. Se Francesco voleva davvero desacralizzare la figura del Papa c’è riuscito in pieno: adesso tutti possono permettersi di dire la loro, anche chi ha sempre sostenuto che il Papa è incriticabile perché non sbaglia mai. Non mi consola, però, vedere che proprio tutti, anche chi è sempre stato duro e puro, tetragono ad ogni piccolo cambiamento di opinione, cambi giudizio utilizzando come unico metro di questo cambiamento le proprie idee, nelle quali deve rientrare, come in un tragico letto di Procuste, ogni essere umano ed ogni realtà creata (forse, ma è solo un sospetto, anche la Realtà Increata, di cui si prendono solo gli aspetti che collimano, appunto, con le proprie idee). E’ terribile constatare che ogni essere umano è soggetto ad una interpretazione della realtà che non tiene conto della complessità della realtà stessa ma che la semplifica nella propria visione di parte, considerando automaticamente sbagliata la visione di parte dell’altro. E il brutto è che questo tipo di approccio viene sistematicamente applicato anche agli altri esseri umani, che vengono comodamente ingabbiati nel giudizio parziale, spesso interessato e di comodo, di chi non è capace di mettersi realmente in ascolto umile e rispettoso di quella meraviglia di Dio che è l’uomo vivente. Il problema della “desacralizzazione” della figura del Papa, però, non è imputabile a Francesco. L’operazione è stata iniziata da Paolo VI, timidamente accennata da Giovanni Paolo I e perfezionata proprio da quel Benedetto XVI, diventato Icona di ogni conservatorismo. Già nel suo atteggiarsi, timido e poco appariscente, non certo da uomo abituato a calcare grandi palcoscenici, ma più tipico del professore universitario a cui sta a cuore più la parola che il modo di porla (i meno distratti ricorderanno il momento di imbarazzo durante il discorso di apertura della GMG di Colonia, quando rivolse ai giovani, che applaudivano un passaggio del suo intervento, un sonoro “SSSSST”, proprio come un professore che è stato interrotto durante la spiegazione da qualche maleducato) Benedetto XVI aveva segnato una svolta rispetto al pontificato di Giovanni Paolo II, durante il quale la presenza del Papa si era fatta sentire massiccia in ogni angolo della Terra, con una centralità mai vista prima, anche grazie ai moderni mezzi di comunicazione. Ricordo ancora gli sforzi sovrumani del quotidiano “Avvenire” per dimostrare, dati alla mano, che il numero dei presenti alle udienze generali di Benedetto XVI non era diminuito, come se l’autorevolezza del Magistero di un Papa dipendesse da quante persone vanno ad ascoltarlo mentre parla. Ma il gesto più eclatante nel processo di umanizzazione della figura papale è stato quello della rinuncia, con il quale il grande teologo Ratzinger ha voluto affermare il concetto del ministero petrino come un “semplice” servizio all’interno della Chiesa, servizio che è legato a molteplici fattori umani e che, a causa di questi, può anche essere interrotto prima della morte, quando il Papa constata di non riuscire più a fare il bene della Chiesa. Francesco, dunque, con il suo stile, così umano, così vicino al sentire di tanta parte del Popolo di Dio, sta proseguendo sulla strada aperta dai suoi predecessori, con buona pace di chi si scandalizza per qualche pizzo in meno e per qualche dialogo in più con il “mondo” ( e, a proposito, come non ricordare che fu proprio Benedetto XVI a promuovere il Cortile dei Gentili e ad invitare alcuni esponenti del mondo ateo ad Assisi, insieme ai rappresentanti di tante religioni?). Aiutiamoci a guardare gli altri, tutti gli altri, con gli occhi di Dio, sapendo che abbiamo qualcosa da prendere da tutti, ma anche il Bene più prezioso da dare: Gesù Cristo. A tutti.
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