Quando uno è stato in Terra Santa non può più essere indifferente ai conflitti. E non parlo solo del conflitto sanguinoso che divide due popoli. Parlo anche dell’altro conflitto, non cruento (salvo il venire alle mani ogni tanto e darsele di santa ragione), che vede protagonisti i cristiani in Palestina: pochi, ma divisi su tutto. Cattolici, ortodossi, armeni e chi più ne ha più ne metta riescono ad offrire uno spettacolo deprimente a chi vorrebbe contemplare la tunica indivisa di Gesù o, almeno, una pacifica e cordiale convivenza nei luoghi più santi della cristianità. Ma è possibile veramente evitare che ci siano conflitti? Anzi, è giusto evitare i conflitti? Non sarebbe come cedere all’omologazione, pretendere che tutti la pensino allo stesso modo, in attesa che arrivi davvero qualcuno che imponga a tutti le proprie idee? Se nessuno ha il coraggio di dissentire tutto diventa estremamente facile per chi gestisce il potere, sia esso politico, economico o ecclesiastico. Sì, perché il potere costituisce una tremenda tentazione: ti fa credere superiore agli altri, detentore della verità che coincide sempre con quello che pensi tu, gli altri sono declassati a meri esecutori dei tuoi comandi, diventi incapace di ascoltare, elimini il dissenso, perché a te basta essere in tua compagnia. Anche Dio diventa superfluo perché sei tu un dio. Un uomo o una donna di potere deve combattere con tutto questo. La storia biblica ci insegna che proprio per aiutare i potenti a porsi a servizio del popolo e non viceversa Dio inviava i profeti, che richiamavano tutti al proprio compito, nella sottomissione al Signore e ad esclusivo servizio dei Suoi progetti. Dissentire, quindi, è spesso (non sempre, ovviamente) una funzione essenziale per un miglior andamento di tante realtà, anche nella Chiesa. Tra l’altro, con il Battesimo siamo diventati profeti e l’essere un po’ scomodi dovrebbe, quindi, appartenere alla nostra essenza di discepoli di Gesù. I potenti, da parte loro, dovrebbero ricercare come perle preziose le opinioni di chi la pensa diversamente da loro ma… Essere diversi eppure profondamente uniti è possibile, anzi ci fa rivelare come Chiesa autentica, secondo il famoso paragone del corpo fatto da san Paolo nella prima lettera ai Corinzi. “Comunione nelle differenze” è l’espressione che usa il Papa nell’Evangelii gaudium. La analizzeremo la prossima settimana.
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