La sera di mercoledì 11 febbraio, nel nostro oratorio, abbiamo potuto ascoltare la testimonianza di una giovane donna chiamata dal Signore a morire e rinascere in Cristo con il dono del Battesimo.
Questa settimana lascio quindi spazio alle sue parole.
L’intervista, condotta dal professor Arcangelo Bagni, sarà pubblicata in versione molto ridotta sul prossimo numero de “Il Settimanale”.
Mi pare sia necessario pubblicare lo scritto per intero per cogliere più in profondità la bellezza che viene da Dio.
don Roberto
Che cosa inizialmente ti ha spinto a mettere in discussione quello che pensavi e vivevi prima?
La conversione del cuore comincia sempre nella sofferenza. È quando ci troviamo soli nel deserto della nostra miseria che Dio ci viene incontro come acqua che disseta, come Padre che solleva, madre che consola, fratello che piange con noi. Ogni sofferenza è già sofferenza di Cristo, anche l’urlo nel vuoto dell’uomo che non conosce Dio è sangue versato dal Figlio che arriva al cuore del Padre. Dio ascolta e Dio risponde. Sempre. Perché il Suo Amore è infinito.
Questo è l’inizio, una grazia: sperimentare che siamo polvere e finalmente piegare le ginocchia.
Quali sono stati i primi passi?
La domanda sul senso dell’esistenza diventava negli anni sempre più urgente. Ho cercato tanto e il non trovare risposte mi faceva sprofondare in uno stato di depressione che mi rendeva la vita insopportabile. Io stessa mi ero insopportabile. Puoi avere tutto nella vita, ma se ti manca l’Amore di Dio ti manca tutto. Se il tuo cuore non riposa nel Suo non troverà mai pace.
Negli anni più bui che hanno preceduto l’inizio della mia conversione mi trovavo a Bologna, città dove mi ero trasferita per motivi di studio e per fuggire da una situazione familiare difficile. Tra le varie, troppe, attività ero impegnata in un’associazione di volontariato a servizio dei carcerati; eravamo soliti trovarci in un luogo gestito da gesuiti. In questo posto una sera trovai un volantino che proponeva esercizi spirituali sulle Beatitudini. La cosa m’incuriosì e partecipai a un ritiro.
Il pomeriggio del ritiro Gesù mi permise di sentire nel profondo la Sua Promessa di Risurrezione. Nel buio terribile in cui ero apparve la luce vera delle Beatitudini, per la prima volta dal mio cuore stanco e assetato si alzò la preghiera di Gesù: Signore sia fatta la tua volontà, fa di me ciò che vuoi. La prima volta che si prega così non può che essere nel pianto; per la nostra vita ancora vuota, ancora persa nel mondo, senza meta, senza senso, senza Padre.
Il primo seme di Cristo di cui mi accorsi fu questo, ma passò almeno un altro anno prima di prendere il telefono e chiamare la persona con la quale ho potuto cominciare un cammino di guarigione spirituale.
Immagino che il ri-mettersi in cammino ti abbia provocato più di un interrogativo. Quali?
La domanda urgente sul senso della vita aveva trovato risposta e questo mi donava una serenità provata per la prima volta. Addentrandomi nel Mistero le domande assumono forma nuova: non sono più io che m’intestardisco su una questione, ma è lo Spirito stesso che suscita la domanda per poter dare risposta. A volte la risposta non arriva subito, ma la fede permette di saper attendere e avere la certezza che verranno i tempi per comprendere. Le risposte di Dio meravigliano sempre, da soli non potremmo mai pensare ciò che Dio ci rivela. Inoltre, è ancor più vero che quando ci si innamora non si continuano a fare domande, ma si ha il grande desiderio di ascoltare: cosa mi chiede il mio amato? Io farò tutto per Lui.
Non sono stati gli interrogativi a farmi camminare, ma l’amore. Non un amore cieco, ma l’amore di un cieco. Il cieco sono io e il mio Amato è la mia luce.
Questo tuo rimetterti in cammino che cosa concretamente ti ha richiesto?
Dire Sì a Dio chiede molto, chiede tutto. Un Sì che va rinnovato nella gioia e nel dolore.
Bisogna scegliere. Ho dovuto scegliere di non fare l’attrice per trovare compiacimento solo nella mia immagine, di non scrivere sceneggiature per film privi di grazia, di tornare a vivere con i miei genitori, di perdere rapporti con persone care, di iniziare un nuovo percorso di studio con quattro anni di ritardo, di rinunciare ad avere rapporti sessuali prima del matrimonio. Rinunciare a una vita che va bene per il mondo, ma non va bene per Dio. Quello che Dio ci chiede è di essere Suoi: non siamo noi a scegliere. Sia fatta la Tua volontà, Padre, non la mia. Ed è in questa obbedienza che troviamo la libertà, perché è obbedienza alla Verità. Consegniamo la nostra vita a Chi l’ha creata, a Chi solo ci conosce e ci ama pienamente.
Quali sono stati i tuoi punti di riferimento?
Riferimento fondamentale è stata la persona che per prima mi ha accolto e che tutt’ora mi accompagna nella preghiera. Il Signore, infatti, provvede a mandarci le persone giuste che operino in forza di Lui. Altri punti di riferimento sono senz’altro i miei accompagnatori del percorso battesimale e la mia madrina.
La forza della preghiera è ciò che sostiene noi tutti.
Riesci a raccontarci la bellezza della tua scelta?
La bellezza è l’Amore di Dio che chiede di incarnarsi ancora in ognuno di noi. Che chiede a noi, nonostante la nostra miseria, di essere le Sue mani, i Suoi occhi, il Suo cuore.
Dio, umiliato dai nostri peccati, ci chiede di asciugargli la fronte, di curare le sue ferite perché possiamo essere come Lui, miti e umili di cuore. Colui che è l’Onnipotente viene come un mendicante a bussare al nostro cuore: morto per noi, ci chiede di seguirlo sulla via della Croce per la salvezza delle anime e la gloria del Padre. Partecipi del Suo dolore, godremo per sempre del Suo Amore.
Per te che cosa significa essere battezzata?
Essere battezzata per me significa morire e rinascere in Cristo. Il Battesimo è il Sigillo dello Spirito per mezzo del quale sarò in Cristo una cosa sola con il Padre.
Che cosa ti aspettavi dalla Chiesa che ti ha accolto?
Il dono di nuovi catecumeni è un miracolo del Signore e la comunità deve chiedere la grazia di riconoscerlo come tale. Lasciarsi meravigliare dalla grandezza di Dio il cui Spirito soffia dove vuole, fino ai quattro angoli della terra. Anche la parte istituzionale della Chiesa dovrebbe per prima cosa ringraziare il Signore e festeggiare il ritorno del figliol prodigo. C’è, infatti, una grande responsabilità nel non permettere che la festa si compia. Il futuro catecumeno non dovrebbe lottare contro la durezza di cuore di uomini di Chiesa, ma anzi sentirsi subito accolto nelle stesse membra di Cristo. Se così non è la persona rischia di essere sopraffatta dalla delusione e dallo sconforto e, in estrema ipotesi, di allontanarsi da Gesù. È una responsabilità enorme sulla quale bisognerebbe riflettere prima di sedersi in cattedra e pensare di dare lezioncine di fede a chi cerca Cristo incarnato nei Suoi servi. La Chiesa è fatta di uomini e purtroppo questi non sempre sanno incarnare la tenerezza e la misericordia di Dio: preferiscono programmare cerimonie pompose e seguire norme insulse per non mettere in pericolo le loro piccole certezze. Sono pronti ad accogliere un convertito, un po’ meno ad abbracciare un peccatore, tornato a casa ancora sporco di sangue e fango.
Non temi che la tua formazione possa fare i conti con un vissuto cristiano che, a volte, sembra essere fatto di frasi fatte, di cose scontate, di eredità religiosa sulla quale non si è mai ritornati in modo critico?
Sono realtà che senz’altro incontrerò come le incontra ogni cristiano. È giusto e provvidenziale che un neobattezzato arrivi anche in comunità che necessitano di essere risvegliate alla grandezza di Dio. Il Battesimo di un adulto è segno di contraddizione e può dare nuovo vigore alla fede di molti. Ho avuto la grazia di una comunità che ha saputo accogliere con vera gioia e partecipazione il mio percorso, sotto la guida di un Parroco che ha favorito con amore il mio ingresso nella comunità e nelle attività parrocchiali. Non ho timori soprattutto perché Dio è con me. Ed è anche nei fratelli.
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