Il camionista eroe, il vigile eroe, i bagnanti eroi… Sembra che la parola “eroe” sia ormai applicabile a chiunque compia un gesto di ordinaria solidarietà o facente parte dei propri doveri. Questo andazzo è iniziato diversi anni fa con il tragico attentato di Nassirya, dove molti nostri soldati erano morti, mentre facevano la guardia alla caserma o erano impegnati nelle loro quotidiane incombenze, travolti dall’esplosione di un camion pieno di tritolo. Senza nulla togliere al grave lutto che colpì le famiglie e l’intero Paese, mi risultò un po’ stonata l’enfasi con la quale furono subito chiamati “eroi” soldati che stavano semplicemente facendo la guardia ad una caserma. Pagavo evidentemente lo scotto di tante letture adolescenziali, soprattutto quelle relative alle due guerre mondiali e alle motivazioni delle medaglie d’oro al Valor Militare concesse (raramente) a militari che avevano compiuto gesti eroici (veri!). Da quel momento l’eroismo è dilagato e tutto è diventato eroico, persino restare un po’ di tempo in coda sull’autostrada al ritorno dalle vacanze. Davanti a quest’orgia di eroismo mi vengono alcuni pensieri.
Se un bagnino è giudicato eroico perché salva due bagnanti in difficoltà vuol dire che è normale il bagnino che continua a sorseggiare la sua bibita lasciando annegare i suddetti bagnanti? Se un vigile del fuoco è un eroe perché salva una persona intrappolata dalle fiamme vuol dire che è normale un vigile del fuoco che si limita ad incitare la suddetta persona, standone a debita distanza per non scottarsi? La cosa più preoccupante è proprio questo continuo abbassare la soglia dell’eroismo, fino a farvi rientrare le azioni più ovvie e normali per determinate categorie professionali. Vuol dire che siamo alla disperata ricerca di esempi, di modelli, ma non ne troviamo e allora ci adattiamo: in mancanza di cavalli facciamo trottare gli asini! Spesso siamo di fronte ad una deformazione operata dai mezzi comunicazione: siccome non ci presentano altro che situazioni negative, siamo indotti a credere che il male e i cattivi siano la normalità, mentre il bene e i buoni siano la straordinarietà. E’ vero esattamente il contrario e basterebbe avere occhi minimamente attenti per accorgersene: quanti gesti di solidarietà spicciola, quante persone che fanno quotidianamente bene il proprio dovere. Eppure tutto questo non ci viene mai detto, se non ogni tanto, appunto come cosa rara, che merita le prime pagine. Ed è bello (dovrebbe essere anche umiliante per certo giornalismo!) sentire le persone inopinatamente definite eroiche schermirsi e dire che non hanno fatto nulla di straordinario, che hanno fatto solo il proprio il proprio dovere e che chiunque altro avrebbe fatto così. Che smacco per i sensazionalisti!
Ci ritroviamo, dunque, a fare i conti con un mondo che è migliore di come ce lo dipingono. Stiamo attenti a non cadere anche noi nella trappola dell’eroismo a buon mercato e chiamiamo le cose con il loro nome: chi fa il proprio dovere fa semplicemente il proprio dovere, senza essere un eroe manda avanti il mondo senza sbavature e senza troppe cadute. Sarebbe deleterio se le giovani generazioni si convincessero che la normalità è costituita da chi evade le tasse, da chi è assenteista, da chi sfrutta e imbroglia. Sarebbe abbassare il livello degli ideali e dei comportamenti conseguenti: non possiamo permettercelo. E allora, quando ci presenteranno ancora un autista che mette di traverso il proprio Tir per proteggere le auto coinvolte in un incidente come un eroe, diciamo ai nostri ragazzi quello che lui stesso ha dichiarato: “non ho fatto nulla di straordinario”. E’ la normalità del bene. E’ la normalità nella quale viviamo. Peccato che alcuni non se ne rendano conto.
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