“Il Settimanale” della Diocesi offre sempre notevoli spunti di riflessione. Recentemente mons. Angelo Riva, commentando un intervento del Vescovo all’assemblea dei preti, ha fatto alcune considerazioni particolarmente degne di nota. Dice il direttore: “Il Vescovo ha denunciato il pericolo che le tossine di un certo anticlericalismo strisciante, amplificato dalla grancassa mediatica, stia appestando l’aria che respiriamo andando ad infettare gli alveoli respiratori non del classico anticristo mangiapreti patentato, ma del cristiano medio “messalizzato” e praticante (non esclusi i sacerdoti). Cioè: a furia di sentir parlar male della Chiesa cattolica, c’è il rischio che anche noi un po’ ce ne convinciamo, smarrendo lo smalto, la bellezza, il giubilo, il tripudio, di dirci cristiani e di sentirci appartenenti alla sua Chiesa”. E, a questo punto, ecco un elenco di cattivi maestri che possono indurre in tentazione tanti credenti un po’ troppo ingenui o talmente temerari (non escluso qualche sacerdote) da esporsi al rischio terribile di leggere e ascoltare cose non provenienti da mezzi di comunicazione o persone dotate dell’ “imprimatur” ecclesiastico: “ci sono blog e siti internet che, quando parlano della Chiesa, prefigurano una specie di fogna a cielo aperto… I sommi sacerdoti della UAAR (unione atei agnostici razionalisti) come Piergiorgio Odifreddi e la defunta Margherita Hack… Corrado Augias… la buona stampa, specie di sinistra… l’Illuminismo prima e poi i radicali di Pannella… il festival del cinema di Venezia…”.
Ullalà! Verrebbe da dire “molti nemici, molto onore”! Da insegnante di religione cercavo di far capire ai ragazzi delle scuole superiori quanto sia importante ragionare con la propria testa, senza farsi imbrogliare e condizionare da nessuno, neanche da me. Per far questo è indispensabile andare alle fonti, analizzare, verificare le coordinate del proprio pensiero, delle proprie opinioni ed essere capaci di confronto e di dialogo. Ascoltare tutti è un passo importante (del cuore, prima che della mente. Chissà se qualcuno si è ricordato di celebrare un Messa per la defunta Margherita Hack, anche senza ricevere l’offerta. A san Giuliano sarà celebrata il 30 settembre alle ore 9), proprio come faceva Gesù, che non disdegnava di pranzare con i farisei e con i pubblicani, che faceva miracoli ai pagani e agli ebrei, che elogiava la fede dei soldati romani e delle donne cananee, che aveva discepoli e discepole e rispondeva alle questioni poste dai sadducei. Certo, un po’ di prudenza nel manovrare certe fonti è necessaria, ma perché erigere steccati pregiudiziali? Non è, questo, diventare come accusiamo gli altri di essere? Mi viene in mente quella risposta che si dava, da bambini, a chi insultava: “chi lo dice sa di essere”. Perché non ci sforziamo di avere l’ atteggiamento di apertura e di accoglienza del “diverso” propostoci dal Concilio Vaticano II? Perché continuiamo a perdere le occasioni di presentare la Chiesa come una mamma (espressione usata dal Papa in una recente udienza generale: “io mi domando: che cosa fa una mamma? …”), anziché come una vecchia arcigna e rancorosa, sempre pronta a criticare gli altri e a vantare sé stessa? Non ci hanno insegnato niente le richieste di perdono di Giovanni Paolo II, le dolorose ammissioni di colpa di Benedetto XVI? Sembra tutto dimenticato, forse sulla scia del successo mediatico (ma guarda un po’!) di papa Francesco e una certa aria di trionfalismo torna ad apparire nei commenti di certi prelati e giornalisti cattolici.
Ma vediamo le battute conclusive dell’articolo de “Il Settimanale”: “I tanti sbagli commessi dagli uomini di Chiesa, nel passato più o meno recente, non giustificano la pervicacia del pregiudizio anti-cattolico… Ma il rischio più grave è quello a cui accennava il Vescovo. Che cioè il signor Guglielmo, credente e praticante, continui a figurarsi una Chiesa oscurantista, padrona e collusa col potere. Non accorgendosi che è poi la stessa Chiesa del suo parroco, dell’oratorio e della caritas, che lui conosce e stima. E finendo per oscurare “la gioia e la libertà del Vangelo” ”. Solo uno stolto può non vedere tutto il bene che la Chiesa ha fatto e continua a fare al mondo intero. E il “signor Guglielmo” non è uno stolto, proprio perché è credente e praticante, e sa benissimo vedere e distinguere il bene e il male, anche nella Chiesa. E soprattutto è capace, perché credente e praticante, di chiamare le cose con il loro nome: se sono cattive sono cattive e se sono buone sono buone. Imparassero anche tanti monsignori a fare così!
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