Siamo arrivati al primo Concistoro di Papa Francesco. Qualcuno di voi ricorderà il cardinal O’Brien, Arcivescovo di Edimburgo e Primate di Scozia. Decise (bontà sua!) di non partecipare al conclave che portò all’elezione di Papa Francesco perché travolto dalle accuse di quattro uomini (tre dei quali sacerdoti) verso i quali il caro arcivescovo (la minuscola è voluta) aveva avuto attenzioni decisamente poco riconducibili a quelle di un padre. I quattro avevano deciso di uscire allo scoperto dopo le dichiarazioni infuocate del cardinale sui diritti degli omosessuali che la Scozia voleva riconoscere per legge. Ovviamente il nostro baldo pastore d’anime difendeva strenuamente la posizione della Chiesa e si diceva totalmente contrario a questo scempio giuridico. Ma la dichiarazione più tragicomica, quella che sarà ricordata del suo episcopato edimburghese, la fece nell’annunciare che non avrebbe preso parte al conclave: “Ci sono stati momenti in cui la mia condotta sessuale è caduta al di sotto degli standard a me richiesti, in quanto prete, arcivescovo e cardinale”. Trattenendo a stento le risate per l’involontaria comicità della dichiarazione (ovviamente scritta in un comunicato stampa. Sembra che la Chiesa non si stanchi mai di produrre comunicati stampa, spesso demenziali), mi sono chiesto se ad ognuna di queste tre categorie fossero richiesti standard diversi, se alcune cose potevano essere lecite per un prete, ma non per un arcivescovo e soprattutto quale fosse il contenuto preciso di questi standard. A questo punto qualcuno di mia conoscenza direbbe che quest’uomo non era un cattivo arcivescovo. Sta di fatto che il Papa Benedetto XVI (guastafeste, questi Papi, sempre a punire i “non cattivi”) lo dimissionò anticipatamente. Fu uno degli ultimissimi atti di governo di Ratzinger. E uno dei primissimi atti di governo di Papa Francesco fu quello di mandare l’uomo degli standard in un convento, impedendogli ogni attività pubblica.
Potremmo fare una lunga disamina di altri cardinali coinvolti in questi anni in situazioni a dir poco imbarazzanti, ma lasciamo perdere. Preferisco guardare con speranza ai primi cardinali nominati da Papa Francesco. Mi sembra di cogliere in queste nomine una volontà precisa del Papa, che cerca di rompere la litania del “si è sempre fatto così”. Ecco allora che vescovi di grandi sedi “tradizionalmente” cardinalizie (Torino e Venezia) aspettano il prossimo turno (a dir tutta la verità mons. Nosiglia, arcivescovo di Torino, di turni ne ha già saltati diversi!), mentre diventano cardinali vescovi di Diocesi sconosciute dei paesi poveri, situate in zone dove la Chiesa è davvero un “ospedale da campo”. La stampa italiana si è lanciata in ipotesi fantasiose su altre assenze eccellenti e insinuando il sospetto che mons. Paglia, potente consigliere spirituale della Comunità di S. Egidio e presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, non sia diventato cardinale perché il Papa si è ricordato che ha lasciato alla Diocesi di Terni, di cui è stato vescovo per oltre dieci anni, come eredità poco spirituale un buco economico di quasi venti milioni di euro e che tale situazione (che ha visto il vescovo indagato dalla magistratura per operazioni finanziarie poco chiare, fatte però, a quanto sembra, dai suoi stretti collaboratori a sua insaputa) ha spinto Papa Benedetto XVI a nominare non un successore immediato, ma un Amministratore apostolico con la facoltà di sistemare il sistemabile); così come l’assenza nell’elenco dei nuovi cardinali di mons. Rino Fisichella, noto per il suo presenzialismo televisivo, è stata attribuita a quell’aver “contestualizzato” la bestemmia di un potente di allora (si era nell’ottobre del 2010), suscitando reazioni indignate in tanti cattolici e ad altre cose non qui riferibili. In realtà il Papa ha in mente una ristrutturazione della Curia romana e vuole dare molto più spazio alle Chiese locali e a quei vescovi senza ombre e scheletri negli armadi che possono essere indicati come esempio di coerenza cristiana a tutto il Popolo di Dio e come Pastori che hanno l’odore delle pecore e non quello di muffa delle sacrestie e dei sacri palazzi. Operazioni, queste, che non sono indolori e che provocano certamente accanite resistenze. Noi ammiriamo Papa Francesco per la sua forza e intanto ci godiamo questi nuovi cardinali, in attesa di vedere il Papa alla prova delle nomine episcopali.
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