Sembra che la primavera sia arrivata. E non solo perché fa più caldo e la natura si riveste di colori. Anche dentro di noi, discepoli di Gesù, si sta facendo strada un sentimento positivo, di apertura alla novità, di gioia che abbiamo bisogno di condividere.
Scrive il Papa all’inizio dell’ ”Evangelii gaudium”: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.”
Le brutte notizie, le storture della vita, le situazioni negative non potranno mai toglierci l’intima gioia di chi ha incontrato il Signore ed è stato salvato. Il nostro sguardo sulla realtà, su tutta la realtà, non può mai prescindere dalla nostra fede, che trova il suo nucleo centrale nella “Buona Notizia”. Il cristiano non si spaventa davanti a quello che non va, perché lo osserva con gli occhi di Dio e nutre la viva speranza che il peggio si possa trasformare in meglio, anche attraverso l’impegno di ciascuno. Dobbiamo proprio riscoprire il Vangelo, con la sua carica di novità e il suo sconvolgente messaggio. E ne dobbiamo essere annunciatori instancabili, tenendo presente che ”un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale” (E.G.10). Spesso sul nostro volto si vede quello che abbiamo nel cuore e non è una cosa molto sensata presentarsi ad annunciare le meraviglie di Dio con la faccia di chi sta vivendo un lutto. Questo atteggiamento ci rende poco credibili e, purtroppo, rende poco credibile anche il messaggio che tentiamo di proporre. In fondo, quante persone riescono a percepire in noi l’entusiasmo delle nostre scelte di vita, della nostra adesione piena al progetto di Gesù e della nostra gioia di essere battezzati, di aver tante volte gustato il perdono del Padre nella Confessione, di trovare ristoro e forza nella partecipazione all’Eucaristia? Se davvero gustiamo tutto questo allora il nostro annuncio non può essere altro che comunicazione limpida della salvezza. E non solo di quella finale, ma anche di quella più quotidiana, che consiste nell’essere accolti, perdonati, amati come figli da Colui che ha offerto il suo Figlio per noi.
E’ primavera, allora! La vita e la luce vincono sulla morte e sulle tenebre e noi abbiamo una fiducia grande nel nostro Dio e con un atteggiamento positivo verso tutto quello che è bello e buono, da qualunque cultura provenga. E’ tempo di accorgerci che il mondo è pieno di uomini e di donne di buona volontà, che non hanno etichette cristiane, ma coltivano e vivono valori grandi e per questi valori sono disposti anche a morire. Non riduciamo il Cristianesimo ad una ideologia autoreferenziale, chiusa ad ogni realtà esterna, eternamente in guerra contro qualcuno. E nello stesso tempo siamo consapevoli del grande dono che possiamo fare a tutte le realtà diverse dalla nostra annunciando il Cristo crocifisso e risorto, che ci permette di chiamare Dio “Abbà”.
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