Le mamme e le nonne che collaborano per la realizzazione del Grest hanno avuto una grande idea. Visto il tema “Tutti a tavola” hanno proposto di suggerire ricette anti spreco, per riutilizzare gli avanzi di cibo. Hanno approntato l’apposito volantino e con le ricette che perverranno sarà anche preparato un apposito ricettario. Due giorni fa, nella buca delle lettere ho trovato uno di questi volantini, poco accuratamente ripiegato. Incuriosito e desideroso di leggere la prima ricetta pervenuta, mi sono accorto che l’unica aggiunta al volantino era una scritta lapidaria: “Don Roberto doveva farsi i cavoli suoi”, ovviamente senza firma. Non è mai stato mio costume fare pubblicità ai vili che non hanno il coraggio di firmarsi. E ho sempre nutrito nei loro confronti un senso di profonda pietà cristiana perché deve proprio essere brutto avere come caratteristica la vigliaccheria, quasi sempre unita alla cattiveria. Ma questa volta faccio uno strappo alla regola che mi sono imposto, anche per il simpaticissimo e forse voluto accostamento dei cavoli alle ricette. Non so a che cosa l’anonimo/a scrivente si riferisca. Il verbo al passato potrebbe significare tante cose, dai fatti dolorosi del 2012 alle prese di posizione del 2014 fino ai contenuti delle più recenti “riflessioni” apparse su questo sito. Ma questa frase mi ha fatto pensare al concetto di “cavoli propri”. Purtroppo mi sembra che stia dilagando l’idea che bisogna solo guardare il proprio interesse. Se assisti ad un’aggressione in strada tira dritto, perché non sai cosa ti può succedere, se sei testimone di un incidente corri a casa senza dir niente, chè poi son tutte rogne. Sai per certo che una persona ha commesso un reato? Cerca di star zitto, chè tu non sei un magistrato né un carabiniere. Vedi delle cose che non vanno per il verso giusto? Lascia perdere, il mondo non lo cambi di certo tu. Mi viene in mente la tragicomica imitazione che Crozza fa del senatore Razzi. Quanta gente la pensa così? Quanta gente crede davvero che non sono cavoli propri di cittadino e di cristiano le storture, il malaffare, la corruzione, l’impunità, la protervia? E queste persone hanno poi il coraggio di lamentarsi? E se toccasse a loro? Pensare che sono cavoli degli altri è la cosa più idiota che ci possa essere. Perché se qualcuno evade le tasse sono cavoli di chi le tasse le paga, perché deve pagarne di più, tanto per fare solo un esempio. Star zitti, poi, diventa autentica complicità quando ci sono di mezzo i reati. Le associazioni mafiose prosperano sull’omertà, brutta parola, che però è proprio quella da usare per tanti buoni cittadini, tante brave persone, che preferiscono girare la testa dall’altra parte, che fanno finta di non aver visto, di non aver sentito, di non sapere. Finchè ci sarà gente che pensa che tutto quello che succede non sono “cavoli suoi” povera Italia, povera Chiesa, povero mondo. Ho sempre ritenuto che i cavoli che hanno una valenza sociale sono cavoli miei. Ecco perché sono convinto di essermi sempre fatto anche i cavoli miei facendomi i cavoli degli altri. Ecco perchè ci ho sempre messo la faccia (e la firma!). Perché i deboli e i poveri sono cavoli miei. Perché la protervia e le prepotenze dei potenti sono cavoli miei, perché la testimonianza coerente del Vangelo, la trasparenza e l’esercizio della carità sono cavoli miei. Perché io sono chiamato non a fare il giustiziere, ma semplicemente a dare il mio piccolissimo contributo per una società migliore e per una Chiesa migliore. Tenendo presente che il primo che deve continuamente convertirsi sono proprio io, mi impegno a continuare a farmi i “cavoli miei”. Anche a costo di scontentare qualcuno. E disposto sempre ad affrontare le conseguenze di quanto dico, faccio e penso. Senza lamentarmi! Perché chi vuole la bicicletta poi deve pedalare.
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