Quello di giugno è sempre un mese di grande fibrillazione per le Comunità parrocchiali. Con le nuove Ordinazioni, infatti, si dà vita ad un movimento di preti che si trasferiscono da un luogo all’altro. Già, perché il prete ha sempre la valigia in mano, è un uomo libero, che può obbedire al Vescovo sempre e comunque, proprio perché la sua vita trova un senso pieno nel servire Cristo servendo la Chiesa, senza scegliersi il posto e la funzione. Il prete, così, diventa un richiamo al mistero di un Dio che ha voluto porre la sua tenda in mezzo a noi, ma che non aveva nemmeno un sasso dove posare il capo. E quanti preti così ci sono! Certo, esistono anche i preti pedofili, i profittatori, quelli alla perenne ricerca di “monsignorati”, quelli che hanno l’amante e quelli che vanno in alberghetti con prostitute. Ma perché non dire che sono una minoranza nettissima? Perché non parlare mai di tutti gli altri, di quelli che fanno umilmente ogni giorno il proprio dovere, senza cercare posti di prestigio, che si consumano in un confessionale, che vanno a trovare i malati, che vivono il proprio sacerdozio con serenità, senza frustrazioni? Questi preti sono la maggioranza, anche se non fanno rumore. Sono i preti sui quali un Vescovo può veramente contare, anche se non sono annoverabili tra gli adulatori e dicono pane al pane e vino al vino. Diciamo la verità: quanti ne conosciamo? Io ne conosco tantissimi! Uomini innamorati di Gesù, che non guardano l’orologio per contare...
E’ iniziato uno dei periodi più belli dell’anno per un prete che, nel profondo dell’anima, resta un “animale da cortile” (definizione che qualifica il prete che sta in mezzo ai ragazzi nel cortile dell’Oratorio, coniata da un salesiano molto in gamba). L’estate porta con sé il Grest e i campi, momenti educativi ineguagliabili, dove bambini, ragazzi, adolescenti e giovani possono vivere davvero un’esperienza di comunione e di servizio. In questi giorni, quindi, il Signore mi concede il privilegio di vivere a stretto contatto con la gioventù, di vedere all’opera i nostri ragazzi dai 14 ai 18 anni, di osservarli mentre passano le mattine a preparare meticolosamente le attività pomeridiane, mentre sudano e si entusiasmano sotto il sole pomeridiano, mentre con delicatezza materna si preoccupano del bambino che tende ad isolarsi o medicano quello che è caduto e si è sbucciato il ginocchio. Sono uno spettacolo, questi ragazzi! Spesso abbiamo un’idea dei giovani negativa, li vediamo come un problema. Certo, qualche volta è così: oltre a quelli che sudano a servizio degli altri, ci sono anche quelli che bighellonano tutto il giorno trascinandosi da un locale all’altro oppure fanno di peggio nelle zone un po’ più defilate. Ma perché non vedere tutti quelli entusiasti, desiderosi di cambiare il mondo, capaci di generosità, quelli che fanno volontariato? Perché non si prova ad ascoltarli, questi giovani, invece di offrire sempre ricette preconfezionate...
“Devo comperare il latte per il bambino”, “devo comperare le medicine”, “mia moglie è incinta”, ”ho i bambini ammalati perché viviamo in un camper”, “mi occorrono i soldi per tornare al mio paese”, “mi occorrono i soldi per il permesso di soggiorno”, “sono un profugo”, “dammi i soldi per un caffè”, “non mangio da tre giorni”, “non ho i soldi per il dormitorio”, “ho bisogno dei soldi per andare a Cantù dove devo iniziare a lavorare”, “lunedì inizio a lavorare, ma ho bisogno di soldi per tirare fino a lunedì”. Potrei continuare con altre forme di richiesta con le quali un prete ha quotidianamente a che fare: in qualche caso si tratta di ricatti morali e anche di vere e proprie minacce; per incontrare i “mendicanti” io non ho affatto bisogno di andare in centro! Ogni giorno almeno dieci o quindici suonano il mio campanello.
Venerdì 7 giugno, primo venerdì del mese, come di consueto porto la Comunione agli ammalati della parte “bassa” della Parrocchia: piazza del Popolo, via Lega insurrezionale, via dei Partigiani… Si era in piena polemica nei confronti di quanti chiedono in varie modalità l’elemosina in centro città, si stavano effettuando i primi controlli, che stavano portando già notevoli frutti… E infatti un primo frutto è stato quello di farmi incontrare ben sette zingari (giovani uomini e donne tutti in età lavorativa, con annessi bambini) che stavano battendo a tappeto le suddette vie fermando tutti...
Stiamo vivendo un momento difficile, non è una novità. Il lavoro che manca, le famiglie (quelle normali, che non navigavano nell’oro, ma che si barcamenavano dignitosamente) che hanno sempre meno possibilità materiali di “consumare”: tutto questo mette in una situazione psicologica di grande fragilità. Sembra di sentire la mia professoressa di storia al Liceo quando ci spiegava la grande insicurezza psicologica che coinvolse tutta l’Europa a cavallo tra 1400 e 1500: anche allora cause economiche, politiche e spirituali si intrecciavano per creare una profonda inquietudine, un senso di incertezza, una paura di fondo. Il contatto con nuovi popoli, la presenza ciclica e tragica della peste completavano il quadro di un’epoca che stava giungendo alla fine. Mettendo, come sempre, le basi per la nascita di un’altra non necessariamente peggiore. In ogni epoca di transizione sono stati commessi errori da parte di chi aveva le leve del potere, errori che hanno portato lutti e distruzioni, impoverimento e reazioni violente.
Ma la storia ha insegnato qualcosa? L’uomo imparerà mai dal passato? Si ripete spesso, in questi tempi, che gli statisti non guardano alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni. Se questa massima è vera dovremmo concludere di essere stati governati per decenni da un mucchio di non-statisti (lascio a voi un’eventuale altra definizione). Per carità, tutti saranno stati mossi da intenzioni filantropiche, qualcuno anche da intensi sentimenti...
Folla fino in via della Conciliazione. I commentatori che sottolineano la straordinarietà numerica di questa presenza. Mi viene in mente la domanda che Gesù rivolge, nel Vangelo di Giovanni, ai primi “potenziali” discepoli: “Che cercate?”. Già. Che cosa cercano ogni settimana centinaia di migliaia di persone che vanno dal Papa? Gesù, nel capitolo 6° del Vangelo di Giovanni, pronuncia parole amare riguardo alle reali intenzioni delle folle: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.” La moltiplicazione dei pani e dei pesci aveva riempito le pance e allora si va dietro a questo Gesù, organizzatore di “catering” ante litteram.
Le folle che cercano il Papa non hanno bisogno di essere sfamate gratis. Accennavo, nella precedente riflessione, all’esigenza di incontrare una persona coerente, un uomo autentico che crede in Cristo e mette in pratica quello in cui dice di credere. Forse, poi, non si è così propensi a mettere in pratica i suoi inviti e i suoi esempi: proviamo a pensare quanti di noi, dopo l’approvazione incondizionata delle parole di Papa Francesco riguardo alla povertà della Chiesa e l’ammirazione per l’esempio di povertà da lui offerto, sono capaci di andare in giro con le scarpe risuolate. Oppure non comperano nuovi pantaloni finché non si sono consumati quelli vecchi.
Ritengo, comunque, che un bisogno forte dell’uomo sia quello di provare emozioni. Le emozioni intense...
Quanto entusiasmo nei confronti di questo Papa!
Siamo abituati (e non è detto che sia una buona abitudine) a fare paragoni, che, ovviamente riflettono i nostri gusti. Ecco allora che ad un Papa schivo e timido, più portato ai piccoli consessi teologici e alle lezioni universitarie che alle grandi folle plaudenti e un po’ scomposte, preferiamo istintivamente il Papa che si butta in mezzo alla gente, che si fa popolo, che usa un linguaggio semplice e schietto, che appare come uno di noi. Un Papa uomo.
Mi ha molto colpito il tono enfatico, con tanto di foto, con cui molti quotidiani hanno commentato una grande “impresa” di Papa Francesco: ad un certo punto, mentre salutava i malati, ad una signora in carrozzella è caduta la borsa per terra e il Papa l’ha raccolta, porgendola alla signora. Tutto qui? Tutto qui. Verrebbe da stupirsi che ci si stupisca! Che cosa avrebbe fatto qualunque persona normalmente ben educata? Avrebbe raccolto la borsa! Ma se lo fa il Papa diventa un gesto eccezionale. A questo punto mi vien da pensare a quanta fatica facciamo, anche noi cattolici, a vedere il Santo Padre come una persona normale, che mangia, dorme, prega, ha i suoi pregi e i suoi difetti e… raccoglie le borse da terra.
Papa Francesco sta portando una ventata di freschezza e di spontaneità in una Chiesa che stava procedendo un po’ ingessata, una Chiesa che appariva stanca, accasciata, in caduta libera di consensi e di credibilità (non dimentichiamoci che nel 1998 l’ 87%...