Gli ultimi in ordine di tempo sono Bersani, Cuperlo, Fassina e altri, ma potremmo citarne a centinaia in questi ultimi decenni, appartenenti a tutti gli schieramenti. Si tratta dei politicanti delle “fronde interne” cioè quelli che si dicono pubblicamente in disaccordo con provvedimenti a favore dei quali votano poi in Parlamento. Mi chiedo con quale faccia si presentino all’opinione pubblica, ma sulla tipologia di certe facce la saggezza popolare ha già detto molto, accostandole a svariati prodotti e parti del corpo. Da buon ingenuo e idealista che, di disillusione in disillusione, continua a conservare un briciolo di speranza nelle capacità positive dell’uomo, resto ancora allibito davanti al dramma dell’incoerenza elevata a virtù. Mi chiedo: è così difficile restare coerenti con i propri ideali o anche solo con quello che si dice anche a costo di pagare dazio? E’ ancora possibile per qualcuno alzarsi al mattino, guardarsi allo specchio e potersi definire una persona che combatte davvero, concretamente per i propri ideali, costi quel che costi? Penso a quanto sia difficile, oggi, mantenere la coerenza nel bene. Forse sono avvantaggiati i delinquenti, gli imbroglioni, i parolai, insomma quelli che si fanno beffe del messaggio di Cristo, ma anche di un’idea di umanità dove sia importante una convivenza basata sulla fiducia e su regole certe, uguali per tutti. Purtroppo in ogni ambito del vivere civile stiamo assistendo alla fiera del servilismo pauroso e della...
“Che noia, questo Papa! Che cosa continua a rimestare, a soffiare sul fuoco? Ma non lo sa che il silenzio è d’oro e non c’è soluzione migliore per i problemi che quella di tacere e far finta che non ci siano?”. Immagino che siano stati questi i pensieri di tanti cattolici praticanti e zelanti (si sa, sono quelli che ci tengono di più alla Chiesa e alla sua reputazione!) davanti alla lettera che Papa Francesco ha inviato ai presidenti delle conferenze episcopali e ai superiori degli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica per illustrare il senso e i compiti della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, il 5 febbraio 2015. Ci sono parole molto forti, contenute in questa lettera. Dice il Papa: “Nel luglio dello scorso anno l’incontro con alcune persone che hanno subito abusi sessuali da parte di sacerdoti mi ha offerto l’occasione di essere diretto e commosso testimone delle loro sofferenze e della solidità della loro fede. Ciò mi ha ulteriormente confermato nella convinzione che occorre continuare a fare tutto il possibile per sradicare dalla Chiesa la piaga degli abusi sessuali sui minori e aprire una via di riconciliazione e di guarigione in favore di coloro che sono stati abusati… Le famiglie devono sapere che la Chiesa non risparmia sforzi per tutelare i loro figli e hanno il diritto di rivolgersi ad essa con piena fiducia, perché è una casa sicura. Non potrà, pertanto, venire accordata priorità ad altro tipo di considerazioni,...
Nel corso del Concistoro per la creazione di 20 nuovi cardinali il Papa ha tenuto una breve omelia prendendo spunto dall’inno alla Carità della prima lettera ai Corinzi.
Dice il Papa: “La carità è magnanima e benevola. Quanto più si allarga la responsabilità a servizio della Chiesa, tanto più deve allargarsi il cuore, dilatarsi secondo la misura del cuore di Cristo. Magnanimità è saper amare senza confini, ma nello stesso tempo fedeli alle situazioni particolari e con gesti concreti. Amare ciò che è grande senza trascurare ciò che è piccolo… Saper amare con gesti benevoli. Benevolenza è l’intenzione ferma e costante di volere il bene sempre e per tutti, anche per quelli che non ci vogliono bene”. Niente di nuovo. Parole già espresse più volte nel Vangelo da Gesù in persona. E tuttavia parole che hanno bisogno sempre di essere ripetute perché noi pastori siamo facili alla dimenticanza. E allora la tentazione è quella di amare in teoria, ma non con gesti concreti. Oppure, peggio ancora, di “amare” esteriormente alla ricerca di facili consensi, perché si parli bene di noi, così da gratificare il nostro ego spesso smisurato. Amare tutti, poi, non è tanto facile, perché siamo deboli e ci viene spontaneo amare chi ci ama. E se scambiamo per amore la lode sperticata, il vassallaggio sempre prono di chi ci dà sempre ragione, il sorriso affettato di chi ci sta vicino per convenienza, allora la frittata è fatta e l’unico criterio di benevolenza rischia...
L’altro giorno ho visto le pubblicità che precedono il TG di SAT2000, la TV dei vescovi e (forse) dei cattolici italiani. Sono rimasto molto colpito. Nell’ordine sono stati pubblicizzati: un apparecchio per chi sta perdendo l’udito, un prodotto per fissare la dentiera, una crema antirughe per “pelli mature” e un altro prodotto per dentiere. Poi è iniziato il TG. Davanti a questi spot mi sono chiesto (visto che i pubblicitari sono persone che lavorano seriamente e le aziende altrettanto serie non buttano via i propri soldi) quale tipo di pubblico è interessato al TG di SAT2000. E la risposta è stata ovvia: persone che hanno problemi di udito, di dentiera e di rughe abbondanti. Cioè persone anziane. Poi penso a tante nostre Messe, dove il numero di capelli bianchi (valgono, statisticamente, anche quelli tinti) è decisamente il più alto e mi sembra ovvio trarre una conclusione: le nostre proposte vanno bene ormai solo per gli ultrasessantenni. Categoria rispettabilissima, che dà tanto alla Chiesa e alla società civile in termini di volontariato, anche perché gode già di quella pensione, che come un miraggio rischia di allontanarsi sempre di più dalle prospettive delle nuove generazioni. Già, le nuove generazioni. E a loro che cosa propone la Chiesa? Credo di poter dire che propone ancora tanto. E non solo ai bambini, sui quali è ancora concentrato lo sforzo più grosso delle nostre Parrocchie. Anche agli adolescenti e ai giovani vengono proposte tante attività,...
La sera di mercoledì 11 febbraio, nel nostro oratorio, abbiamo potuto ascoltare la testimonianza di una giovane donna chiamata dal Signore a morire e rinascere in Cristo con il dono del Battesimo.
Questa settimana lascio quindi spazio alle sue parole.
L’intervista, condotta dal professor Arcangelo Bagni, sarà pubblicata in versione molto ridotta sul prossimo numero de “Il Settimanale”.
Mi pare sia necessario pubblicare lo scritto per intero per cogliere più in profondità la bellezza che viene da Dio.
don Roberto
Che cosa inizialmente ti ha spinto a mettere in discussione quello che pensavi e vivevi prima?
La conversione del cuore comincia sempre nella sofferenza. È quando ci troviamo soli nel deserto della nostra miseria che Dio ci viene incontro come acqua che disseta, come Padre che solleva, madre che consola, fratello che piange con noi. Ogni sofferenza è già sofferenza di Cristo, anche l’urlo nel vuoto dell’uomo che non conosce Dio è sangue versato dal Figlio che arriva al cuore del Padre. Dio ascolta e Dio risponde. Sempre. Perché il Suo Amore è infinito.
Questo è l’inizio, una grazia: sperimentare che siamo polvere e finalmente piegare le ginocchia.
Quali sono stati i primi passi?
La domanda sul senso dell’esistenza diventava negli anni sempre più urgente. Ho cercato tanto e il non trovare risposte mi faceva...
Tra le malattie che possono insinuarsi nella curia romana e in qualsiasi altro corpo ecclesiale ce n’è una che sembra abbastanza strana già nel nome. Secondo il Papa, infatti, la curia è affetta da “martalismo”, cioè da quel terribile morbo che trova la sua origine in Marta, sorella di Maria e di Lazzaro, che ci viene descritta dai Vangeli come tutta concentrata sulle faccende domestiche e incapace di capire che cosa interessa davvero a Gesù. E proprio da Gesù la povera Marta viene rimproverata per essersi preoccupata e agitata per molte cose, tralasciando l’unica cosa buona, appunto Gesù stesso. Secondo il Papa il “martalismo” coincide con l’eccessiva operosità. Cosa lodevole, entro certi limiti. Ma quando diventa eccessiva fiducia nella propria efficienza, quando porta a credere che la Grazia di Cristo è superflua perché quel che davvero conta è organizzare bene le cose, quando fa perdere di vista la nostra precarietà di creature, quando ci fa credere che solo la nostra capacità organizzativa e la nostra abnegazione possono dar lustro alla Chiesa e al suo Signore, allora siamo dentro il terribile peccato dell’autosufficienza, tipico di chi ritiene formalmente importante l’azione dello Spirito Santo, ma in realtà crede solo in se stesso, nelle proprie capacità e nella propria volontà ferrea. Molto spesso chi la pensa così riceve l’applauso di tanti. Applausi che sottolineano l’impegno indefesso, la costante presenza (le assenze, anche quelle...