Altro punto toccato dal Papa negli auguri natalizi alla curia romana è quello dei pettegolezzi. Tema caro a Francesco, che non perde occasione per sottolineare il danno che può provocare il pettegolo all’interno della Chiesa. In questo discorso lo definisce addirittura un “omicida a sangue freddo”! E questo vale ovviamente per tutti. Alzi la mano chi può dirsi immune da questa malattia. Non siamo certo immuni noi preti. Il pettegolezzo clericale è una piaga tremenda della Chiesa. Si parla male di tutti, dal vescovo al confratello, dai collaboratori in parrocchia alla persone sconosciute. Sembra quasi un vizio che provoca dipendenza. Un pettegolezzo che a volte diventa vera e propria calunnia, altre si ammanta di pietismo, altre ancora persino di (falsa) solidarietà. Un pettegolezzo solitamente pianificato, nel quale si prova un gran gusto. Veramente da omicidi a sangue freddo. Forse lo si può spiegare come reazione all’essere continuamente oggetto di pettegolezzo da parte dei laici. I quali non stanno certo indietro quando si tratta di appiccicare etichette ai preti e a tutti gli altri. E così quello che fa il parroco non va mai bene, la critica gratuita e malevola dilaga, la vita del prete diventa oggetto di dileggio e di valutazione rabbiosa qualunque cosa faccia. Non parliamo’ poi’ di quelli/e che attribuiscono al prete le storie d’amore più mirabolanti, che neanche gli sceneggiatori di “Uccelli di rovo” avrebbero saputo inventare. Verrebbe da sorridere...
Che il Papa non le mandi a dire è ormai risaputo. Uno delle cose che si apprezzano di più in Francesco è la schiettezza, che oserei definire evangelica, unita all’uso di un linguaggio semplice, immediatamente comprensibile a tutti, lontano anni luce dal politichese e dal teologhese troppo spesso utilizzati da tanti uomini di Chiesa (ecclesiastici e laici cooptati. Sì, perché per entrare in certi circoli devi parlare con la lingua tipica del gruppo, comprensibile solo agli adepti, altrimenti sei irrimediabilmente escluso: e questo per alcuni laici, già affetti da un tremendo complesso di inferiorità, è intollerabile. Far parte di un club ristretto, anche se staccato dal mondo reale, dà sempre una certa soddisfazione a chi non può averne altre). E con questo stile si è rivolto alla curia romana per gli auguri di Natale. Che si sono trasformati in un esame di coscienza che non può non aver fatto piacere a coloro che perseguono un rinnovamento anche morale della Chiesa. Anche perché i concetti espressi dal Papa mi sembra che possano essere validi non solo per cardinali e monsignori che lavorano in Vaticano, ma anche per tutti i curiali di tutto il mondo e, perché no, per parroci e parrocchiani di tutto il mondo. Per esempio quando Francesco parla dell’errore di sentirsi indispensabili: chi non ha mai avuto questa tentazione? Ce l’hanno tanti papà e (soprattutto) mamme nei confronti dei figli. “Dopo di me il nulla”, come se il mondo fosse destinato a finire...
Ha parlato anche il Papa e quindi potremmo dire che la questione è finita: e poi sono capitate nel frattempo tante altre cose: le dimissioni di Napolitano, la liberazione di Greta e Vanessa. Potrei, quindi, lasciar perdere di riflettere sui fatti di Parigi, anche perché voci ben più autorevoli della mia si sono levate a commentarli, una su tutte quella sempre schietta e autenticamente libera di don Agostino Clerici. Mi limito a qualche pensiero suscitato in me dalla lettura di tanti articoli e dalle prese di posizione di tanti autorevoli intellettuali a altrettanti non autorevoli politici. Si insiste sulla libertà. In una democrazia nulla deve essere vietato. E i reati d’opinione? Proprio l’altro ieri la democraticissima Francia ha arrestato il comico notoriamente antisemita Dieudonné M’bala M’bal per aver pubblicato su facebook la frase “Je suis Charlie Coulibaly”, unendo al nome del giornale francese quello di uno dei tre terroristi e spiegando la cosa in chiave autobiografica, ritenendosi perseguitato e “ucciso” per aver preso numerose volte posizione contro gli Ebrei e lo Stato d’Israele, paragonato da lui al nazismo. Risultato: subito agli arresti domiciliari per apologia di terrorismo. Vive la liberté! O forse la libertà di dileggiare, di insultare, di produrre vignette pornografiche con gli elementi portanti di alcune religioni è solo per alcuni. Ho letto le cose farneticanti scritte da Daniele Luttazzi sul Fatto Quotidiano (che comunque ospitava...
E’ ancora possibile criticare all’interno della Chiesa? La domanda mi è venuta leggendo la piccata risposta del direttore Marco Tarquinio su “Avvenire” del 2 gennaio 2015 ad alcune lettere che commentavano l’articolo di Vittorio Messori (apparso il 24 dicembre sul “Corriere della sera”), nel quale si prendevano le distanze da alcune iniziative e da alcuni atteggiamenti di papa Francesco. Non entro nel merito delle questioni sollevate da Messori aspramente confutato da Tarquinio, mi soffermo solo su alcune espressioni usate dal direttore del quotidiano cattolico: “una mossa congegnata per fare rumore con la pretesa di “segnare” il Natale ormai alle porte”; “una sorta di requisitoria tesa a chiudere nel recinto dell’autodifesa la Chiesa, che il Papa vuole in uscita”; “far rumore disegnando un’amara caricatura del Papa”; “non c’è dubbio che l’articolo di Messori sia un mezzo per eccitare divisioni”; quest’ultima affermazione mi sembra inquietante, perché presuppone che quando non si è d’accordo si debba comunque star zitti, per non fomentare divisioni e pericolose lacerazioni nella tunica di Gesù. Cose già personalmente sentite dalle nostre parti qualche tempo fa. Cose che continuano a indignarmi e a darmi la brutta sensazione che da parte di tanti ci sia ancora l’idea che dire la propria opinione a voce alta sia un reato di lesa maestà nei confronti del manovratore di turno. E’ possibile ancora criticare un papa, un vescovo,...
“Carissimo don Roberto, bello il Natale perché ci si fa sentire dalle persone che non abbiamo più modo di frequentare, ma che sono nei nostri cuori”. Inizia così uno dei biglietti natalizi che ho ricevuto. E questa frase mi ha fatto riflettere su tante cose. Il Natale è proprio un tempo particolare! A Natale ci si ricorda concretamente delle persone, che diventano ancora volti da incontrare, seppure attraverso un bigliettino o un messaggio o una telefonata. Persone lontane, ma che magari ci hanno accompagnato per un tratto della nostra vita, con le quali abbiamo condiviso gioie e dolori. Ed è bello che almeno una volta all’anno dimostriamo a queste persone che siamo ancora vicini a loro. Qualcuno potrebbe dire che è troppo poco, qualche fanatico della coerenza (che spesso è nemica dell’amore!) potrebbe sostenere che se non ci si fa sentire per tutto l’anno è inutile e ipocrita farlo a Natale, qualche cristiano di quelli superimpegnati potrebbe dire che è Natale tutto l’anno e il bene va fatto sempre… Io li lascerei dire e umilmente gioirei del bigliettino, del messaggio, della telefonata. E ringrazierei il Signore Gesù che con la sua nascita permette tanti gesti d’amore in più. E se poi la persona a cui abbiamo inviato gli auguri non risponde (può capitare: gli impegni, le dimenticanze, la pigrizia, il dare per scontato l’amore…) ringraziamo Dio lo stesso, perché ci sta insegnando ad amare in modo totalmente gratuito, senza aspettarci niente in...
Anche il povero presepe sta diventando un caso politico. E comunque non da oggi. Ricordo che tanti anni fa in quel di Sondrio ci fu la sollevazione delle insegnanti perché in una scuola elementare il direttore didattico, lungimirante laicista aperto a tutte le culture tranne che a quella cattolica, aveva proibito di allestire il presepe per rispetto a due alunni Testimoni di Geova. Alla fine il presepe fu realizzato. Ma non voglio fermarmi su questi episodi e sulle loro stolte strumentalizzazioni. Voglio invece parlare del presepe come fonte di riflessione e di esame di coscienza. Mi riferisco al presepe tradizionale, quello con i personaggi che da una vita sono sempre quelli e che fin da bambini prepariamo con cura e attenzione nelle nostre case. In fondo, ogni personaggio rappresenta una tipologia umana e può rappresentare anche noi o un pezzo di noi. Ci possiamo ritrovare, quindi, nei diversi venditori, che continuano le loro attività indifferenti alla nascita di Gesù. O forse non proprio indifferenti, perché, si sa, se gira gente girano anche soldi. Il proprio interesse, il dio denaro raffigurato nel presepe. La chiusura del cuore davanti a Gesù perché l’unica cosa che conta è la materialità del vivere, ridurre l’evento che ha cambiato il mondo a fonte di guadagno, magari anche disonesto, o a fonte di stress, perché bisogna per forza affannarsi, spinti dalla propaganda televisiva, a fare gli “ultimi acquisti”. E poi c’è il personaggio mitico del “dormiglione”....