E se non ci fosse il Natale? Quanti sorrisi in meno! Quante parole e quanti gesti buoni in meno! Il mondo sarebbe davvero più povero! Il Natale è bello perché scardina tante nostre certezze. Quando l’Onnipotente diventa Bambino e vuole aver bisogno di essere nutrito, riscaldato e pulito che cosa vogliamo di più per entrare in una idea diversa di Dio, per convincerci che anche la tenerezza è una virtù e Dio ne ha tantissima e la riversa su di noi? E se pensiamo che Dio nasce in una stalla e il suo giaciglio è una mangiatoia che cosa ci vuole di più per essere umili e per apprezzare le cose semplici della vita e per non credersi chissà chi? Il Natale è una rivoluzione per noi, oggi. Ci scombina le carte, ci fa riscoprire sentimenti sopiti o nascosti sotto strati di cinismo e di perbenismo. Il Natale ci mette a nudo, ci fa constatare che siamo rimasti almeno un po’ buoni, che siamo capaci di essere generosi e altruisti, che riusciamo ancora a commuoverci e che persino Dio non era completamente sparito dal nostro cuore. E pazienza se tanti continuano a ricordarci di non essere consumisti, di non fermarci all’esteriorità, a farci sentire dei vermi se non ospitiamo un povero a casa, se non facciamo una donazione a favore della ricerca, se non andiamo a fare servizio in qualche mensa della Caritas. Noi vogliamo ricordarci sì di fare del bene, di aiutare qualcuno, ma vogliamo avere anche il piacere di fare un regalo alle persone che amiamo, come segno del dono grande...
I soldi sono davvero il motore dell’umanità? Certo, servono all’egoismo, al narcisismo e all’esibizionismo per esprimersi al meglio. Ma servono anche a fare tanto bene. E allora arriviamo a dire una banalità: i poveri soldi sono solo uno strumento, buono o cattivo a seconda di chi lo utilizza. Ma nella categoria “soldi” c’è una realtà molto particolare che è quella dei “soldi pubblici” cioè dei soldi di tutti amministrati da pochi in teoria per il bene di tutti. Non è facile amministrare questi soldi. Che sono tantissimi, me rischiano di disperdersi in mille rivoli e in mille meandri risultando utili non a tutti, ma a ben pochi. Qualche riflessione viene anche sulla base della nostra realtà locale. Per esempio: è proprio necessario spendere 100.000 euro di Iva (ma adesso sembra che aumenteranno perché, si sa, non erano state considerate alcune variabili come la base della diga foranea e altro… tanto che al cittadino mediamente intelligente viene spontanea la domanda: ma tutti gli accertamenti di fattibilità e relativi costi non si possono fare prima delle delibere?) per un monumento che a qualcuno sembra il logo della casa automobilistica Hyundai (non sarà per caso pubblicità occulta, soprattutto per le schiere di turisti asiatici che arrivano nella nostra città?) in un momento nel quale mancano i soldi per asfaltare le strade e sistemare le scuole che cadono a pezzi? Altro esempio: è bellissimo l’impegno dei privati che sistemano il Tempio...
Siamo alla 69^ posizione in classifica. La classifica è quella che ogni anno viene pubblicata dall’organismo internazionale “Transparency International” e riguarda la corruzione percepita in 175 Paesi del mondo. Quest’anno siamo il fanalino di coda della UE, avendo raggiunto a pari merito la Bulgaria e la Grecia. Siamo messi peggio rispetto, per esempio, a Sudafrica, Arabia Saudita, Kuwait e Turchia. E tutto questo pochi giorni prima che scoppiasse il caso del malaffare a Roma. Viene una grande tristezza a pensare a tutti gli italiani onesti, che sgobbano per mandare avanti le proprie famiglie e il Paese, pagando regolarmente le tasse e, purtroppo, senza aver voce in capitolo su nulla. Ma siamo proprio così sicuri che la corruzione sia affare di pochi, che sia solo questione di mazzette, che sia ritenuta un cancro? Un episodio personale. Qualche anno fa, parroco a Rovellasca, ricevo la telefonata di un prete da non so più dove. Mi chiedeva di parlare con i vigili del paese perché era stato da loro multato per eccesso di velocità e voleva che io gli facessi togliere la multa in nome di una presunta “fraternità” sacerdotale. Già la presunzione di far parte di una casta che rivendica un qualche diritto naturale ai privilegi, dando per presupposto che i vigili debbano inchinarsi al verbo supremo proferito dal parroco, mi lasciò (e mi lascia ancora, quando mi imbatto in personaggi che hanno questa convinzione) molto perplesso. Quando poi alla mia esplicita richiesta...
“L’astensione è la vera vincitrice delle elezioni. Il partito di maggioranza relativa in questo paese è il partito di chi si astiene o vota scheda bianca o nulla. Su questo dobbiamo tutti riflettere”. E’ il commento che fece Bersani alle elezioni regionali del 2010, quando in Emilia Romagna non si recò a votare il 32% degli aventi diritto e in Calabria il 41%. “Chissà quanto ci hanno riflettuto, i nostri fantasmagorici politici, e, soprattutto, chissà quali grandiosi provvedimenti avranno preso per frenare questa tendenza dell’elettorato”, pensa l’uomo della strada, ancora convinto che le persone tutte, persino i politici, conservino in fondo all’anima una dose minima di serietà. Risultato delle riflessioni e dei “provvedimenti”: in Emilia Romagna non è andato a votare, per le regionali del 2014, il 62,3% degli aventi diritto e in Calabria il 56%. Et voilà: il partito di maggioranza relativa è diventato il partito di maggioranza assoluta. Mirabolante! Ma soprattutto mirabolante, perché sincera, la dichiarazione di Renzi: ”2-0 netto. La non grande affluenza è un elemento che deve preoccupare, ma è secondario”. Certo! Per questi politicanti il fatto che la maggioranza degli elettori non vada a votare è assolutamente secondario. A loro basta che vada a votare un po’ di gente così da potersi spartire le poltrone disponibili. Che differenza fa per il presidente della regione governare con il 16% dei consensi reali piuttosto che con il 90%?...
Ingenuo: privo di malizia e incapace di supporla anche negli altri; sciocco; privo di malizia, di furberia; privo di artifici, di ricercatezza.
Chissà che cosa intendeva la persona che l’altro giorno mi ha detto che ormai solo gli ingenui si scandalizzano. Siccome la frase l’ho riferita a me stesso mi sono premurato di consultare il vocabolario e ne ho dedotto che la suddetta persona mi colloca nella categoria degli sciocchi. E devo dire di essere contento di farne parte. Se ingenuo significa essere ancora capace di stupirsi, di meravigliarsi del bene e del male, del bello e del brutto, se vuol dire non rimanere indifferenti e provare ancora qualche emozione, positiva o negativa, allora l’ingenuo è colui che ha mantenuto ancora un briciolo di coscienza, che ha conservato un’etica e riesce ancora a distinguere il bene dal male, meravigliandosi dolorosamente perché così tante persone fanno così tanto male. Come non meravigliarsi e non scandalizzarsi del vergognoso scaricabarile di tutti i politici di ogni ordine e grado davanti alle recenti alluvioni? Sembra che il nostro povero Paese sia stato governato negli ultimi decenni da marziani piovuti da un pianeta lontano e non da coloro che sono ancora saldamente al potere, alla faccia di tutte le presunte rottamazioni. Mantenere la capacità di stupirsi è indispensabile per vedere il bello e non darlo per scontato. Chi l’ha detto che Dio debba per forza farci dei regali? E allora perché non sappiamo gustare le cose...
Alcune considerazioni conclusive.
Molti sostengono che in questo Sinodo sia stato importante il metodo, più ancora dei contenuti. Tutti hanno potuto parlare senza schemi precostituiti, tutto è stato reso noto, le diversità di opinione sono emerse chiaramente… Verrebbe da dire: era ora! Nella Chiesa le posizioni diverse costituiscono la base per un dibattito serio e autentico, alla fine del quale il Papa tirerà le somme e prenderà le decisioni, assumendosene tutta intera la responsabilità (ricordate Paolo VI con l’Humanae vitae?). La Chiesa non deve aver paura di far vedere che al suo interno vi sono sottolineature diverse, quasi che queste fossero opera del demonio. Quest’ultimo infatti ama piuttosto agire nel buio, nel silenzio ovattato, mascherato di condiscendenza, con il sorriso falso e untuoso del servilismo, e prospera dove mancano la luce e la trasparenza. E molti ritengono che l’esprimere posizioni critiche sia un venir meno all’obbedienza e alla compattezza di cui la Chiesa deve sempre essere immagine. Basterebbe leggere gli Atti degli Apostoli per rendersi conto di come il dibattito deve essere vivo e anche acceso se vuole condurre a conclusioni serie. Non è nascondendo il proprio pensiero o adeguandolo all’aria che tira in quel momento che si fa il bene della Chiesa. Anche perché spesso i pensieri nascosti ufficialmente continuano a girare sotto forma di pettegolezzo, di calunnia, come un fiume carsico, invisibile in superficie, ma che lavora, scava...